La scomparsa di Geno Pampaloni ha
colpito in modo particolare Cesenatico, città alla quale
l'illustre critico era particolarmente legato.
Geno Pampaloni era nato a Roma nel 1918; dopo
l'Università, frequentata a Firenze, iniziò a
collaborare con la RAI e con le pagine letterarie dei
più importanti quotidiani e riviste, come il
"Corriere della Sera", "Epoca",
"L'Espresso", "La Fiera Letteraria";
negli anni '70 Indro Montanelli lo chiama a collaborare
al neonato "Giornale".
Il legame con Cesenatico era nato dall'amicizia con
Marino Moretti, che aveva incontrato a Firenze. Profondo
conoscitore dell'intera opera morettiana, Pampaloni fu il
primo ad individuarne le stagioni più significative
(poeta crepuscolare, narratore post-neorealista, poeta
dalla vena epigrammatica), e fu autore della prima
riflessione critica sull'ultimo intenso periodo creativo
del poeta di Cesenatico. Tra i protagonisti del grande
convegno tenuto a Cesenatico del 1975 su Marino Moretti,
Pampaloni è anche il curatore del volume Moretti in
verso e in prosa, contenente la più ampia scelta di
opere morettiane, apparso nella collana "I
Meridiani" dell'editore Mondadori appena qualche
giorno prima della morte dello scrittore di Cesenatico.
Fu proprio Pampaloni a dettare il testo della lapide
apposta sopra la restaurata Casa Moretti. In
considerazione di questo legame di amicizia Pampaloni era
membro fin dalla sua istituzione della Giuria del Premio
Moretti e, nonostante negli ultimi anni la sua salute non
fosse sempre buona, non aveva mancato di essere a
Cesenatico per due edizioni del premio.
Una valigia leggera
Ogni tanto penso a che cosa mi piacerebbe portarmi al di
là (se un al di là ci sarà).
Qualche volto di donna, qualche paesaggio (Bocca
d'Ombrone; le Dolomiti rosate della val Badia, la
spalliera nevosa delle Alpi vista dal Colle dei
Cappucini, a Torino, al di là dei meandri dei fiumi che
scorrono nel fondovalle; il ponte di legno di Lucerna; il
mare azzurro da cui emergono gli scogli di Ile Rousse, in
Corsica; le tre finestre verdi della casa della Liliana,
a Grosseto; la pianura che va verso il mare, interrotta
dalla linea scura della pineta, nella luce quieta
d'acquamarina, che mi sembrava infinita, vista dalle
Mura, ancora a Grosseto; il ciuffo di cipressi attorno
alla Pieve di Baroncelli in cima alla poggiata verde e
marrone, la mattina quando spalanco la finestra;
l'altissimo ponte di Berna su non so che fiume; il ponte
sul Golo, ancora in Corsica, mentre guardo la sabbia
attorno a me bollire sotto i colpi di una ostinata
mitragliatrice tedesca; il mare viola di Rodi nella
lontana crociera, viaggio premio perchè ero bravo a
scuola, sessant'anni fa; la "fantasia" dei
Berberi a cavallo, l'anno dopo in un'altra crociera
premio; la neve scintillante della Marmolada, e quella, a
Cogne, del massiccio Gran Paradiso; "la Serra
dritta, gli alberi, le chiese", evocati da Guido
Gozzano. E i versi: "Vergine madre, figlia del tuo
figlio"; "e vidi il tremolar della
marina"; la pioggia infernale ("etterna,
maledetta, fredda e greve"; Rilke tradotto da Giaime
Pintor (" Dev'essere autunno, là dove donne
innamorate - sanno di noi"); il delizioso Marino
Moretti ("Piove. È mercoledì. Sono a
Cesena"); il dolcissimo Attilio Bertolucci
("Come pesa la neve su questi rami - come pesano gli
anni sulle spalle che ami... Gli anni della giovinezza
sono anni lontani"; e ancora Rilke: "Presto la
sera verrà - svanendo il ricordo di anni lontani. -
Presto la sera verrà. - Ma quanta luce è raccolta, -
ora, nel cerchio breve delle tue mani". E lo
straziante Noventa:"E a un de' tosi ch'andarà via,
- volgendo i oci di nuovo al porto, - e a un de' tosi
ch'andarà via - ghe darò il cor".
Una valigia leggera, ma preziosa. E San Pietro, che ha un
cuore d'oro, mi aiuterà a asciugarmi le ultime lacrime.
(In Purgatorio non si piange).
Bagno a Ripoli, 9 maggio 1995
Geno Pampaloni
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